Come siamo arrivati a questa possibile crisi di governo

Come siamo arrivati a questa possibile crisi di governo


Negli ultimi giorni le tensioni interne alla maggioranza che sostiene il governo di Mario Draghi sono progressivamente aumentate, e potrebbero culminare giovedì in una crisi durante la discussione del cosiddetto decreto legge Aiuti in Senato, che prevede un voto di fiducia: cioè, in sostanza, una verifica che in Senato la maggioranza dei parlamentari sostenga il governo.

Molte di queste tensioni ruotano intorno al Movimento 5 Stelle, che lunedì non ha partecipato al voto finale alla Camera sul decreto Aiuti e che potrebbe fare lo stesso giovedì: diverse componenti del partito spingono infatti perché il suo presidente, Giuseppe Conte, faccia uscire il partito dalla maggioranza. Il presidente del Consiglio Mario Draghi e diverse altre forze di maggioranza hanno fatto capire al Movimento 5 Stelle che nel caso decidesse davvero di passare all’opposizione il governo cadrebbe, e si andrebbe a elezioni anticipate. È un’ipotesi che sulla carta al Movimento 5 Stelle non andrebbe troppo bene, dati i consensi molto bassi a cui viene accreditato dai sondaggi.

Draghi inoltre è un presidente del Consiglio piuttosto popolare, e Conte e il M5S dovrebbero quindi assumersi la responsabilità politica di averlo di fatto rimosso dal suo incarico. È proprio a questa responsabilità che apparentemente stanno cercando di appellarsi gli altri leader politici, come Enrico Letta del Partito Democratico, che hanno ribadito in questi giorni che il governo attuale esiste in quanto governo di unità nazionale, e che se dovesse venire meno un pezzo importante del suo sostegno parlamentare, con l’uscita del M5S dalla maggioranza, finirebbe il suo scopo. Questo anche se, in teoria, il governo potrebbe rimanere in carica anche senza i voti del M5S, perché avrebbe comunque la maggioranza alle Camere.

Secondo i giornali il Movimento dovrebbe decidere come comportarsi nel corso di una riunione congiunta dei suoi gruppi parlamentari di Camera e Senato prevista per mercoledì sera. Il Corriere della Sera scrive inoltre che prima del voto di giovedì mattina potrebbe essere organizzato un incontro fra Conte e Draghi, che sembra si siano sentiti al telefono mercoledì pomeriggio.

La possibilità che tutto rientri e che il Movimento 5 Stelle rimanga dentro la maggioranza esiste ancora, naturalmente. A giudicare da quanto successo nelle ultime settimane dentro al partito però sembra difficile che possa assicurare un sostegno solido fino alla fine della legislatura, previsto per la primavera del 2023.

Il Movimento 5 Stelle ha avuto una legislatura molto movimentata, in cui ha governato ininterrottamente con tre diversi governi ma al contempo ha perso circa la metà dei suoi parlamentari per via di dissidi interni e idee diverse fra le varie fazioni sulla direzione che dovrebbe prendere il partito. L’ultima scissione rilevante è avvenuta a fine giugno, quando il ministro degli Esteri ed ex capo politico del Movimento Luigi Di Maio è uscito dal partito in dissenso con la linea di Conte (con cui aveva sostanzialmente perso la battaglia politica per la leadership del partito).

Dopo la scissione di Di Maio, avvenuta peraltro dopo un risultato molto insufficiente alle elezioni amministrative di giugno, Conte ha cercato di far riguadagnare una qualche centralità al Movimento avanzando al governo Draghi una serie di proposte politiche vagamente identitarie del partito: su tutte il rinnovo del Superbonus edilizio, un rafforzamento del reddito di cittadinanza, lo stralcio dal decreto Aiuti di una norma che consentirebbe la costruzione di un termovalorizzatore per rifiuti a Roma (a cui il M5S si oppone da anni).  La settimana scorsa Conte aveva parlato con Draghi e subito dopo aveva definito le proposte del Movimento come delle «urgenze che non richiedono una pronta risposta». La crisi, insomma, sembrava tutto sommato rientrata.

Nell’ultima settimana però sembra siano aumentate le pressioni su Giuseppe Conte perché decida di far uscire il Movimento dalla maggioranza: sui giornali sono uscite sempre più interviste di deputati e senatori del Movimento critiche contro Draghi, mentre quasi quotidianamente i sondaggi registrano cali di consenso per il partito. Sembra che sempre più persone intorno a Conte, insomma, si stanno convincendo che l’unico modo per riguadagnare qualche consenso perduto è proprio quello di assumersi la responsabilità di avere fatto cadere il governo Draghi. Il Partito Democratico ha avvertito il M5S che in caso di uscita dalla maggioranza una eventuale alleanza alle prossime elezioni politiche sarebbe a rischio: ma non è chiaro quanto pesi una minaccia del genere all’interno del Movimento.

A un pezzo del centrodestra inoltre non dispiacerebbe andare un eventuale voto anticipato. Fratelli d’Italia, che sta all’opposizione, viene dato da tutti i sondaggi come il partito più popolare e vorrebbe capitalizzare il prima possibile questi consensi. Matteo Salvini ha vissuto il periodo più fortunato della sua carriera politica nella lunga campagna elettorale prima delle ultime elezioni politiche, quelle del 2018, e potrebbe tentare di riguadagnare consensi più o meno con le stesse modalità di allora, insistendo sulla percezione di insicurezza e sulla traballante situazione economica.

Nel frattempo Draghi ha provato a disinnescare la crisi lunedì, quando durante una conferenza stampa al termine di un incontro coi sindacati ha spiegato che alcune proposte che il governo sta studiando contro l’aumento del costo della vita sono simili a quelle avanzate dal Movimento. Ma sembra che Conte e il Movimento 5 Stelle non considerino sufficiente l’apertura di Draghi, e che si aspettassero risposte e impegni maggiori da parte del presidente del Consiglio.

Le prossime settimane saranno poi verosimilmente le ultime in cui sarà possibile provocare una crisi che comporti un voto anticipato in autunno. Ad agosto l’attività parlamentare rallenta e poi viene sospesa per le ferie, anche se nel 2019 il primo governo Conte cadde nei giorni immediatamente precedenti a ferragosto, con una tempistica piuttosto inconsueta. Se il governo cadesse a settembre, fra tempi tecnici e la necessità di approvare una legge di bilancio, per quanto schematica, probabilmente non si riuscirebbe a votare prima del 2023.



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, 2022-07-13 15:56:31 ,
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